Il male del secolo forse è la pigrizia e il pensiero caotico. La pigrizia nel senso che non c’è genitore o insegnante che non lamenti nel figlio o in se stesso iperattività e al contempo mancanza di concentrazione, stanchezza sino all’apatia negli adolescenti.
Ma anche nella popolazione adulta alla base di tante ossessioni, manie, frustrazione vi è la scarsa capacità di rimanere lucidi su un obiettivo anche se minimo o quotidiano. La difficoltà nel decidere una strada da percorrere, rimanere su quella con convinzione e costanza è indice poi di stabilità nel pensiero.
Se i pensieri che produciamo sono un eterno rimuginio o altalena di dubbi paure e intenti si arriva stremati poi in attività cerebrali come il dormire, l’esperire appetito e si resta anche anni nell’indecisione o blocco e paura.
Ricapitolando la qualità delle energie che proviamo e delle emozioni nonché dei pensieri e la loro durata fa la differenza sia come serenità interiore sia come capacità di intraprendere poi decisioni.
Se il mindset basa appunto sulla eccessiva attività per esempio non produce effetti positivi o comunque lo fa difficilmente. Come uscirne? Un primo passo sicuramente e rendersene conto prenderne atto altrimenti come si potrebbe innescare una trasformazione? Un secondo passo è quello di iniziare a essere proprio dei buoni amici di se stessi.
Quali sono le idee che ci possono aiutare, sorreggere e quali ci demoliscono ci implementano la tensione. Essere critici verso noi stessi e gli altri è d’aiuto? Spesso la mancanza di fiducia può nascondere eccesso di criticismo. Individuiamo allora le idee giuste per noi e scartiamo quelle tossiche.
Questo sarà il secondo passo, quanti di noi restano anni in una relazione per paura di non trovare un partner migliore e trascorrono anni di stress e veleno crescenti. Quanti non si rivolgono ad un medico e fanno ingigantire la malattia sono ad dover intervenire drasticamente? Quindi saper scegliere da che parte stare.
Se le paure che ci bloccano dovessero palesarsi talmente elevate da comportare un disagio persistente e forte forse è meglio chieder aiuto. Inizialmente ha un senso provare da soli o rivolgendosi ad un amico, un parente se la cosa non si risolve in un tempo ragionevole non ce niente di male nel provare una consulenza con uno psicologo.
Se la persona segue queste tappe in maniera intuitiva e naturale verranno a galla delle risorse strada facendo che forse non ricordava più di avere. Il dialogo con se stessi è un metodo dunque teso a creare dentro di noi l’idea di un genitore che ci rassicura che ci aiuta e scappare dal giudice severo che molti hanno dentro se stessi.
La tecnica del parlarsi o di scriversi una lettera è molto utile solo se dietro si cela l’intenzione di voler fare chiarezza. Se siamo determinati a raggiungere un obiettivo uno solo, quindi avendo prima riflettuto su quello che può essere per noi la priorità imprescindibile, scriviamoci una lettera come al nostro adorato amico.
L’atteggiamento benevolo che nutriamo e la capacità di mentalizzare più facilmente su un altro il nodo della questione saranno di grande aiuto. Questa pratica fa parte sia delle tecniche cognitive che di crescita personale. Provare per credere.
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